Quando sente che
qualcuno apre la porta, Rubirosa Myrolho detta Ruby accenna un passo di danza.
Rischia di rovesciare la minestrina al latte, ma cade solo qualche goccia.
La
signora Esther è già seduta a tavola di là in sala; e non si accorge di niente.
«Ecco tua minestrina, signora» dice Ruby con una specie di inchino. Intanto
deposita delicatamente sul tavolo della sala la tazza con il manico a forma di
gallina.
La porta
d’ingresso nel frattempo viene chiusa. In corridoio echeggiano passi da uomo.
«Ueh, Manila, come
va?».
Ruby non fa in tempo a rispondere, che già la signora si è intromessa. Alla
signora dà molto fastidio che il fratello saluti la badante prima di lei.
«Amos, ma basta,
ma ses-to torna sì? Sei già passato ieri. La glicemia è a posto. Puoi anche
andare…». Amos non risponde. Posa la sua borsa da
medico sul pavimento e si avvicina alla sorella per darle un bacio sulla
guancia. La sorella sorride e si porta trionfale alla bocca la sua prima
cucchiaiata di minestrina al latte.
Il sorriso della
signora è il segnale di via libera. Ruby torna in cucina canticchiando What
do you mean. Piano, però, per non farsi sentire. Il dottor Amos odia Justin
Bieber. Forse perché la sua nipotina tredicenne ama Justin Bieber più di quanto
ami lui? Chissà.
La nipote del
dottore si chiama Rebecca. A Ruby piace Rebecca. Hanno gli stessi gusti, anche
se a dividerle ci sono almeno venticinque anni di vita. Ma all’una come
all’altra Justin Bieber sembra bellissimo. E tutt’e due vanno pazze – ma pazze
proprio – per le Pringles.
Ruby apre il
dépliant della COOP che la signora ha mollemente adagiato sulla sedia vicino al
frigo, durante una delle sue peregrinazioni in sedia a rotelle lungo l’intero
perimetro interno della casa. Ruby parla
tagalog e inglese, e italiano poco
poco; ma la sua conoscenza della lingua è tale da permetterle di capire
senza ombra di dubbio che le Pringles alla COOP sono in offerta – e solo per oggi.
La COOP chiude alle otto. Guarda l’orologio a muro appeso in cucina. Segna le
18.55. Ce la farà senza problemi. Deve solo sperare che il dottore decidadi
fermarsi a cena e le dica…
«Manila, se vuoi
puoi andare. Sto io un po’ con Esther. Ma tu fa’ attenzione. Sei ancora
ingrassata. Hai seguito la mia dieta bilanciata?».
Ruby fa segno che
sì, l’ha seguita «per pilo e per senior», disse. Il dottore la guarda un
po’ stranito, poi muove la mano destra come a scacciare una mosca
immaginaria. Ruby sorride. Meglio andare
prima che qualcuno cambi idea. Tutti molto strani, gli italiani di quella
famiglia.
«Ciao» dice Ruby e il
dottor Amos ricambia il saluto con il consueto «Ciao, Manila». Per
qualche misteriosa ragione da italiano il dottor Amos si rifiuta di chiamarla
Ruby.
Del resto, che importanza ha? È ancora in tempo per le Pringles. Esce dal
condominio, si avvia nel buio del viale
e raggiunge l’angolo destro della stazione. Il pullman che va alla COOP è lì ad
aspettarla. Sale, paga, si siede e si addormenta. Sogna città piene di gente.
Mangrovie e immondezzai. Adolescenti seminudi su sgangherati motorini. Intorno
grattacieli e montagne e foreste. Poi riapre gli occhi. Ha un leggero mal di
testa. La gente sta scendendo dal pullman. Nel buio del piazzale le luci della
COOP.
Saluta l’autista
del pullman. Le risponde una specie di grugnito.
Sul piazzale il
freddo e la nebbia. Dentro la COOP però si sta bene. È caldo, luminoso. Le
lunghe file dei carrelli le chiedono un euro per lasciarsi staccare dal gruppo
e accompagnarla. Ma Ruby ha deciso di comprare solo pochi tubi di Pringles e
non deve cedere al loro invito. Sceglie un carrello di quelli piccoli, quelli che si
lasciano prendere per mano senza chiedere nulla in cambio.
Parte diretta in sua
compagnia verso lo scaffale delle patatine. Meta, il settore Pringles. Nella
pancia del carrello finiscono due tubi di Pringles classiche, due di Pringles hot
and spicies, due di Pringles onion sour. Ruby deglutisce.
L’acquolina le sta invadendo la bocca. Rischia di affogare. Decide quindi di
allontanarsi dalla tentazione e salpare verso la cassa, senza fermarsi in altri
pericolosi porti intermedi.
E mentre va verso
la cassa, una scena attrae la sua attenzione. C’è un uomo – ma è proprio un
uomo? – con una lunga coda di capelli grigi. Vestito con il camice dei
magazzinieri, sta sistemando delle cose in una vetrina. Non è brutto, anche se
vecchio. Ruby ne è attratta perché sembra un adolescente invecchiato di colpo,
senza mai essere stato un uomo. Si muove un po’ come una donna e intanto
sistema gli oggetti nella vetrina. Quando cammina davvero ha passi pesanti come
il dottor Amos.
Ruby guarda gli
oggetti che l’uomo prende da una specie di scatola rosa e mette nella vetrina. Tutti
anelli. Bellissimi. A lei piacciono tanto gli anelli. Ce n’è uno che le piace più
di tutti, è d’oro con una gemma rossa sopra. Una pietra che in inglese si
chiama ruby – proprio come il suo nome. Una profonda nostalgia delle
Filippine la invade nel vedere quell’anello. Pensa a cosa direbbe sua cugina
Consuelo nel vederla tornare con quell’anello al dito. Ma il suo pensiero è subito
distolto da uno squillo. La suoneria di un cellulare. Non è il suo: lei ha come
suoneria Treat you better di Shawn Mendes, mentre questa suoneria sembra una marcia di guerra. Il magazziniere con la coda
grigia estrae uno smartphone dalla tasca e si allontana di qualche passo per
rispondere.
Ruby si guarda
intorno. Non vede nessuno. L’anello con il rubino le sta facendo segno di
avvicinarsi perché deve dirle qualcosa. In tagalog, probabilmente. Lei obbedisce.
Lo guarda, lo stuzzica un po’ con la punta del dito, lo accarezza sulla sua
piccola pancia tonda. Poi improvvisamente l’anello senza dire una parola le si
attacca al dito, così, come un insetto dispettoso; e lei cerca disperata di
staccarlo, sfregandolo contro il giubbotto. Finalmente ci riesce. L’anello cade
nella tasca del giubbotto. E ci si perde dentro. Ruby si volta verso il
magazziniere con la coda. Sta ancora parlando. Anche l’anello le sta parlando.
Le sta dicendo che lì nella tasca si trova benissimo. Lei intanto si è già
avviata verso le casse. C’è una cassiera bionda con il naso adunco come il
becco di un corvo. Le fa segno di passare, senza sorridere. Ruby si accorge di
non avere più l’acquolina in bocca. La barca dei pensieri è in secca adesso.
Un’unica immagine si staglia all’orizzonte: una donna filippina di mezza età
arrestata dai Carabinieri italiani per il furto di un anello di inestimabile
valore.
Le sue orecchie sono
pronte al suono della sirena. Prende tremando le Pringles e le deposita sul
nastro. La cassiera le fa passare, chiude il conto e le dice il prezzo. Ruby tira
fuori il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans. Il portafoglio le cade a
terra. Si china, lo raccoglie. Paga. Non suona niente. Non ci sono sirene. Né
guardie. Né niente. Solo i soldi sul ripiano della cassa. Prende il resto e
saluta la cassiera, che dice ciao e si alza quasi subito, chiudendo il
cassettino degli incassi.
Ruby si allontana
veloce con la sua borsa di carta di riso. Sorride. I Carabinieri sono spariti
dal suo orizzonte. Sul mare calmo del suo cervello naviga adesso un veliero
maestoso al cui timone sta Justin Bieber. Un Justin enorme che, a torso nudo,
con le dita cariche di anelli, sta masticando soddisfatto le Pringles.
Nessun commento:
Posta un commento