Nel corso di
questi due anni molte sono le badanti che si sono date il cambio ad assistere
mia mamma. Molte quelle che si sono fermate appena qualche giorno. Moltissime
poi quelle che abbiamo incontrato solo per qualche ora, giusto il tempo di una
fugace conoscenza. Non riesco più a ricordarle tutte.
Ma una mi è
rimasta impressa. Aveva saputo che stavo cercando una badante e mi ha
telefonato per presentarsi. Ci siamo messi d’accordo: va bene stasera?
Perfetto. Fissiamo ora e luogo: 19.30 a casa di mia madre.
Con voce un po’
rauca la avviso che forse mia madre è
un caso difficile. Non l’avessi mai fatto. La ragazza – dalla voce mi sembra
giovane, e adesso anche stizzita – dice che
«non celai anziana difficile, celai solo badante giusta. Io badante giusta».
Non oso dire più
niente. Deglutisco e le dico ciao. Non le chiedo neanche come si chiama e di
che nazione è. Tanto è quella giusta.
Arrivano le 19.30.
È estate, fa caldo. La candidata badante arriva. Elegante, ma sportiva. Bionda,
giovane, simpatica. A mia mamma piace subito. Ci ritiriamo a discutere in
studio e le propongo il contratto. Accetta subito, tutto a posto. Sorrido,
Cominciamo domani, ok? Ok.
Poi però si gira.
«E quello che cos’è?». Indica un vistoso attrezzo meccanico che occupa mezzo
studio.
«Quello è un
montascale a cingoli – le spiego didattico – devi usarlo per fare scendere mia
mamma…».
La vedo
accigliarsi. Si aggiusta i braccialetti di legno che porta alla sinistra. Si
tocca il naso. Si siede sul divano. Posa le mani sulle ginocchia. Mi guarda.
«Po-possiamo
provarlo subito» - azzardo. Lei non dice niente ma fa segno di sì con la testa.
Stacco il montascale dalla presa di corrente, lo accendo con la chiavetta e
comincio a portarlo verso il vano scale. Lei mi segue, osserva e fa domande.
Carichiamo la
carrozzina con mia mamma e cominciamo a scendere. Prima che siamo arrivati al
primo pianerottolo, la «badante giusta» ha già un colorito piuttosto pallido.
Non arriveremo mai in fondo con lei. Comincia a mettersi le mani nei capelli e
a urlare.
«Ma cosa c’è?» le
chiedo.
«Io vedo signora
morta. Troppo pericoloso».
«Ma se so farlo
persino io…» .
«Certo. Tu uomo.
Addio».
E fugge verso
corso Italia, sempre urlando.
Torna, però, dopo
alcuni minuti. Quando ormai siamo fuori anche noi in strada e il montascale non
le fa più paura. Mi ignora, tanto «io uomo».
Parla con mia
madre e le dice che se vuole verrà a trovarla. Parla dolce, con tenerezza.
Mia madre nemmeno
la guarda. Però le urla: «Scì ch’o m’òn fä a mi. Sta-t-òn a ca toa, tërdòca…».
E fa bene mia mamma ad usare il violese.
Nemmeno so di che nazione sia, la «badante giusta».
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